Il Femminismo è un movimento sociale che ha come punto cardine il conseguimento dei diritti civili e politici della donna, mettendola in una situazione paritaria rispetto al ruolo dell’uomo all’interno della vita pubblica di una società.
Dal momento che il mondo è vario, esistono donne diverse e proprio per questo succede, a volte, che i motivi per cui lottano alcune non sono gli stessi per cui lottano altre. Di conseguenza questo macro-movimento si segmenta, dando origine a molteplici punti di vista. Una delle cause principali di questa spaccatura nasce dall’eterno scontro tra Occidente ed Oriente, che per motivi storico-politici ben definiti ha scaturito un divario culturale, molto spesso sfociato nei rapporti di genere.
Quando l’Occidente occupò alcuni paesi del Medio-Oriente avvenne una profonda laicizzazione, che offrì una visione completamente nuova alla componente femminile orientale, introducendo quella che poi verrà chiamata “occidentalizzazione forzata“ della società, poiché lo scopo dei colonizzatori era quello di livellare le differenze culturali.
Questo appiattimento culturale, che avvenne conseguentemente al termine della seconda guerra mondiale, non era altro che un gioco di potere che alimentava i due schieramenti politici dell’epoca. I due blocchi che per decenni hanno dominato il mondo: USA e URSS. In piena guerra fredda occorreva identificarsi e scegliere da che parte stare, non tanto per motivi culturali quanto per quelli politici e per le dinamiche commerciali. Nel Medio-Oriente il ruolo da protagonista era quello interpretato dagli USA, che andavano a sfruttare le risorse petrolifere di quei territori con lo scopo di infastidire il blocco sovietico, cercando così di arrivare primi in questa corsa senza sosta verso la supremazia.
Nel Femminismo avvenne esattamente lo stesso sistema. Si cercava di annientare un’identità, tramite l’Occidentalizzazione forzata, il cosiddetto Femminismo di Stato. Ma in seguito alla rivoluzione islamica del 1979, molte donne decisero di contrastare questo mutamento e omologazione in atto, chiedendo di riprendere i valori dell’Islam, quelli che permettevano di riconoscersi all’interno di un’identità nazionale. Combatterono questo processo incrementando l’uso del velo. Le donne islamiche ammettono così che l’uso del velo non è sempre frutto di un’imposizione, bensì di una libera scelta che la donna compie, aderendo così ai principi dell’Islam, con lo scopo di riconoscersi nella sua tradizione e cultura. Proprio da qui nasce l’attivismo femminile islamico. Il loro obiettivo è lottare contro il patriarcato islamico e rileggere le loro sacre scritture, il Corano, in chiave femminile.
Inoltre scelgono di eliminare i modelli esterni non affini alla loro identità, poiché non li reputano un arricchimento o dei possibili esempi da emulare, bensì un’inneggiare all’anti-islamismo. A volte quindi, si parla sempre di Femminismo? Non si rischia di cadere in quel circolo vizioso legato alla politica?
La realtà, a questo punto, è che non esiste un femminismo universale che metta d’accordo tutte le donne, poiché ognuna di esse per motivi sociali, politici e culturali ha ragioni e lotte diverse che spesso nascono dall’ambiente culturale che le circonda. Però nel suo essere discordante, risulta contemporaneamente unitario su un punto: ottenere il libero arbitrio, quindi scegliere che donna essere, e decidere quale religione e stile di vita seguire senza alcun tipo di costrizione, solo con il privilegio di sentirsi libere di identificarsi nella donna che si vuole essere nel rispetto di tutti.
Alla fine le aspettative del Femminismo islamico sono state trasformate dal potere in un’inferriata impenetrabile.