Per chi non è ancora stanco di sentire citata la Costituzione Italiana, ripetiamo l’art.11 che sancisce: “…l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa…” al quale va aggiunto un altro importante articolo, quasi dimenticato, ma forse il più attuale e il meno rispettato. Art.9: “La Repubblica … Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”.
La Costituzione Italiana venne redatta dall’Assemblea costituente, eletta col referendum del 2 giugno 1946. I padri costituenti furono il Capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola, il Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, il Presidente dell’Assemblea Costituente Umberto Terracini, Palmiro Togliatti e Pietro Nenni. Approvata il 22 dicembre e promulgata nella Gazzetta Ufficiale il 27 dicembre 1947, dal Capo provvisorio dello Stato De Nicola, entrò in vigore il primo gennaio 1948.
Questa Costituzione, frutto di tanto entusiasmo e di tanto lavoro, per tirare fuori il Paese dalle secche in cui lo avevano condotto il fascismo e la guerra, per dare nuova vita e dignità al cammino dell’Italia, è una delle più giovani, tanto da avere “appena” 77 anni.
Eppure è la più contestata del mondo. Ovviamente contestata dagli italiani, ai quali viene da decenni proposta come un testo vecchio, inadeguato, incompleto, da rifare completamente, mentre per Governi e Presidenti della Repubblica diventa sempre più un testo conflittuale, da raggirare. Popoli ben più giovani, come quello statunitense, hanno una Costituzione ben più “anziana” della nostra, ma non si sognano nemmeno di metterla in discussione, anzi ne vanno fieri, la difendono e soprattutto la rispettano, almeno più di quanto non facciamo noi.
Al netto di contestazioni e difese, questo “conflitto di interesse” tra i recenti Governi della Repubblica e la nostra Costituzione, non è mai stato tanto stridente, come negli ultimi tre anni, dalla ripresa del conflitto russo-ucraino del 2022 assecondato anche dal nostro Governo, che ha poi appoggiato tutte le politiche belliche pro-Ucraina della UE, al conflitto Israelo-palestinese, di quel maledetto ottobre 2023, per il quale stiamo vendendo armi a rotta di collo, senza prendere alcuna posizione ufficiale in merito alla violenza di questo conflitto spietato, alle recenti smanie di ReArm della UE, approvato lo scorso aprile alla Camera.
I garanti della Costituzione, ossia i Presidenti della Repubblica, hanno vissuto un continuo “conflitto di interesse” personale con la Costituzione, che ormai ha annichilito la funzione del Quirinale.
L’intento chiaro dei Padri fondatori era quello di tenere l’Italia una volta per tutte, lontana dagli orrori della guerra e di farne un Paese faro della non-belligeranza, a favore di politiche diplomatiche e di tutela dei diritti dei popoli, non solo di quello italiano, e solo in caso di palese necessità, per la difesa da attacchi militari proditori.
Tutto ciò ha traballato più volte in passato, sempre sul filo dell’incostituzionalità delle azioni “difensivistiche” dell’Italia in tanti diversi conflitti, con il suo ruolo che rischiava di sconfinare nell’offensività e nell’interesse.
Nella Prima Guerra del Golfo 1990-1991, l’Italia partecipò alla coalizione internazionale contro l’Iraq, schierando forze navali, con il ruolo di controllo dell’embargo imposto all’Iraq dall’ONU. Inoltre schierò caccia bombardieri per contribuire alle operazioni di sorveglianza e dissuasione.
Nella Seconda Guerra del Golfo del 2003 l’Italia fu ancora una volta presenza attiva, schierando un contingente nel Golfo Persico e delle forze di polizia militare, per la sicurezza del traffico navale e dei territori e fornendo anche supporto logistico e umanitario. Importante anche il contributo navale dato per la ripulitura delle acque a fine conflitto. E fin qui si stava dentro alla Costituzione, almeno in buona parte, malgrado questa partecipazione fosse stata aspramente contestata a livello politico e popolare.
Nel conflitto contro la Jugoslavia di Milošević cominciato nel 1999 e finito nel 2008, che portò il Kosovo a staccarsi dalla Serbia, l’Italia partecipò attivamente ai bombardamenti, quale Paese alleato della Nato, al confine jugoslavo. La parte Adriatica dell’Italia con le sue basi Nato e Usa fu il punto strategico di tutte le azioni offensive contro Milošević. Ma ciò che più ha caratterizzato questo conflitto è stato lo scandalo e il disastro delle munizioni ad uranio impoverito dei nostri contingenti. Ci furono numerosi danni e morti di militari italiani, causati dalla cosiddetta “sindrome dei Balcani” ossia dall’uranio impoverito. E qui lo sconfinamento dai principi della Costituzione era al limite.
Ma l’Italia ha usato armi ad uranio impoverito anche in altre missioni militari, come in Iraq e in Afghanistan.
Perché usare l’uranio impoverito se è dannoso, quando non letale per i nostri soldati? Semplice perché costa meno. Ed ecco che l’interesse nel conflitto va a creare il conflitto di interesse con la Costituzione.
In Afghanistan, l’Italia ha partecipato alle operazioni NATO da subito, prendendo parte a ISAF, Enduring Freedom e Resolute Support, missioni di difesa e supporto, schierando però sul territorio circa 5.000 uomini, cosa che pochi Paesi alleati hanno fatto in tali proporzioni. Inoltre l’Italia aveva fornito armi leggere e addestratori per l’esercito e velivoli da ricognizione e rifornimento, anche se gli aerei da guerra italiani, sulla carta, non potevano colpire direttamente l’ISIS. Ed ecco che il ruolo dell’Italia è sempre più border-line da quello strettamente bellico, laddove un certo interesse nel conflitto emerge chiaro. Noi fabbrichiamo e vendiamo armi. Difficile essere credibilmente diplomatici e mediatori quando c’è di mezzo un interesse economico.
Il Governo D’Alema, quello delle armi ad uranio impoverito, andò poi sotto inchiesta per vendita di armi alla Colombia.
Durante il secondo Governo Conte, nel 2021 l’Italia vendette armi per €47milioni all’Arabia Saudita e nello stesso anno, esportò armi per complessivi €4,6 miliardi, in vari altri paesi.
È bene ricordare che l’autorizzazione alla vendita delle armi può essere concessa unicamente dal Ministero degli Esteri, che funge anche da organo di controllo, e può essere rivolta solamente a quei Paesi che non sono soggetti a embargo e che non hanno attaccato un altro Paese. Questo nell’ottima teoria, ma la “pratica” lo è altrettanto? Più che altro è la foglia di fico dietro la quale nascondere le scomode verità, per aggirare la Costituzione, che collide con le decisioni di uno Stato che ripudia la guerra, ma allo stesso tempo la finanzia un po’ ovunque, tanto con la vendita di armi, quanto con la politica.
E arriviamo al “conflitto” dei nostri giorni. Con il Governo Meloni, nel 2023 il nostro Paese ha venduto ad Israele armi e munizioni per un valore di €13.707.376 euro. Nel 2022 ne erano state vendute per ben €17.938.156, sempre dallo stesso Governo. Oltre 30 milioni di euro di armi ad Israele in due anni.
Attualmente i principali partner commerciali – chiamiamoli pure clienti – delle aziende italiane delle armi, che convenientemente vengono definite aziende per la difesa, sono: Arabia Saudita, Kuwait, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Marocco, Egitto e Algeria.
Nel 2024 il Governo Meloni ha inoltre approvato un sensibile aumento di licenze per la vendita di armi italiane all’estero, che ha quasi raggiunto gli 8 miliardi. Malgrado le premesse di cui sopra, si sta facendo sempre più strada il commercio di armi verso Paesi autoritari o in violazioni dei diritti umani. Aumentata anche la vendita verso l’Ucraina.
Infatti il rapporto governativo 2024 sull’esportazione di armi belliche italiane, mostra che stanno aumentando le autorizzazioni all’esportazione e implicitamente si conferma l’interesse delle lobby dei produttori di armi, ai progetti politici di continuare i conflitti attualmente in corso e del riarmo, voluto dalla von der Leyen. Impossibile non immaginare le pressioni di queste lobby sul Governo e gli interessi più o meno leciti, che coinvolgono il Governo stesso, non esclusi gli immancabili interessi delle banche, in tutta l’operazione.
Ma quand’anche non ci fosse l’interesse economico, che comunque va ad influire su quello politico, subentra quello strettamente politico. Come nel caso del conflitto russo-ucraino e del re-arm UE, che ci riporta ai nostri giorni e alla sostituzione finale dell’italico conflitto di interesse, con l’interesse nel conflitto.
Negli ultimi tre anni i nostri rappresentanti in Parlamento, a Roma e a Bruxelles, hanno votato a favore delle armi di difesa all’Ucraina, poi delle armi di attacco ma solo all’interno del territorio ucraino, poi delle armi di attacco anche oltre confine, in territorio russo, poi per il ReArm 2030, con la possibilità di creare anche un esercito europeo, con tanto di contingente italiano e prima ancora l’ipotesi di un contingente italiano più o meno offensivo, da mandare in Ucraina contro i russi, non ancora del tutto scongiurato. Tutto ciò per compiacere i nostri alleati Nato, con gli Usa in testa e i nostri compari dell’Unione europea, capitanata dalla Germania, per rispettare obblighi e accordi, che garantiscono ai nostri politici di turno la sopravvivenza e qualche briciola di potere.
Ultimo ma non ultimo, c’è il mega-conflitto con l’articolo 9 della Costituzione, totalmente calpestato, senza neanche essere stato considerato, poiché il solo disastroso impatto ambientale e contro il patrimonio storico, causato dalle attuali guerre e di tanta produzione di armi, che è industria pesante, sarebbe motivo sufficiente a che l’Italia dicesse fermamente NO a tutto questo vortice bellico, risolvendo una volta per tutte questo conflitto di interesse morale e sostanziale con la sua stessa matrice costituzionale, di Repubblica Democratica, fondata non solo sul lavoro, ma anche sulla pace e sul rispetto dell’ambiente e del patrimonio.
Ma capirete bene che in tutto questo gioco di potere e danari, la Costituzione diventa poco più di un foglio di carta straccia, un brogliaccio dei desideri, relativo e risibile come la letterina di Natale di un bambino, dopo il 25 dicembre.