Sentenza Open Arms, ha perso la solidarietà umana

L’assoluzione di Salvini dimostra la totale assenza di valori umanitari tra le istituzioni.

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La sera dello scorso 20 dicembre, i principali organi di stampa rendono nota la sentenza di primo grado del processo Open Arms: Matteo Salvini è assolto dalle accuse di sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio in relazione allo sbarco negato alla nave della ong, che trasportava 147 anime salvate dalle fauci del Mediterraneo. Per il Tribunale di Palermo “il fatto non sussiste”. Suonano le trombe del centrodestra, stavolta i giudici sono persone rette e giudiziose: “C’è un giudice a Palermo!”, si esalta il Ministro degli Esteri Tajani. “Un giudizio che dimostra quanto fossero infondate e surreali le accuse rivoltegli, difendere i confini non è mai un crimine”, il commento della premier Giorgia Meloni. Poi c’è la gioia del diretto interessato, che (forse) non si è lasciato sfuggire l’occasione di lanciare una frecciatina infantile ad un suo vecchio duellante: “Mi sento un po’ come nella canzone di Venditti Notte prima degli esami”. È uno spettacolo che appesantisce il cuore. Dietro alle 147 persone di questo caso specifico incombono le altre migliaia che ogni anno fanno all-in con la propria vita, sperando che il domani sia migliore. Matteo Salvini ha giocato con loro come fossero bambole, le ha coinvolte nel circolo malato del potere politico per dare una dimostrazione di forza e incorruttibilità delle convinzioni sue e di tutti coloro che lo sostengono.  

Una frase dell’avvocato di Salvini, Giulia Bongiorno, è sconcertante: “Non è una sentenza contro i migranti, ma contro chi sfrutta i migranti”. Sarà… intanto gli scafisti saranno a terra a “godersi” il loro lurido gruzzolo, mentre i migranti hanno dovuto vivere per venti giorni in condizioni al di sotto dello zero della dignità umana. Un processo contro chi sfrutta i migranti dovrebbe vedere almeno uno di loro coinvolto e condannato, e dovrebbe avere come vittime non i confini dello Stato italiano, bensì gli sfruttati. La realtà è che i componenti delle istituzioni, nazionali e sovranazionali, operano soffocando i sentimenti umanitari. Il filosofo Massimo Cacciari, in un’intervista al Corriere della Sera, ritiene che la tragicità della situazione mondiale – riferendosi a tutti i fronti, da Gaza all’Ucraina – risiede “nella scristianizzazione. Nel fatto che non si ascoltano più le parole di Gesù. Puoi benissimo non credere in Dio, non credere che Gesù sia il Lógos che sta presso Dio eccetera, ma le sue sono parole di una figura storica, pronunciate e trasmesse. Qui non c’entra la “morte di Dio” alla Nietzsche. Sono le parole del Vangelo, le Beatitudini, il Samaritano, che oggi tacciono”.  

La vicenda del processo Open Arms è amaramente condita dal fatto che il 5 dicembre, soltanto 15 giorni prima della sentenza, sia uscito al cinema il film tratto dal libro di Giuseppe Catozzella, Non dirmi che hai paura. Samia, la protagonista del libro, era una ragazza somala morta il 2 aprile 2012 nelle acque del Mediterraneo. La passione per la corsa – intralciata dagli integralisti, per sfuggire ai quali era costretta ad allenarsi in notturna – l’aveva portata ai Giochi Olimpici di Pechino del 2008, e puntava alla qualificazione per Londra 2012. Non ha fatto in tempo. La vicenda assume chiaramente una maggiore potenza emotiva, un ruolo simbolico dato dagli obiettivi sportivi di livello mondiale che questa ragazza si era prefissata e che, in parte, aveva già realizzato. Ma la sua storia è, come ben sappiamo, simile a quella di altre centinaia di migliaia di uomini e donne. Milioni, se estendessimo le nostre considerazioni al di là della manifestazione mediterranea del fenomeno. La gestione da parte dei governi – che si evidenzia in casi come quello della Open Arms – svilisce Vita e Dignità di queste persone, alle quali l’Italia appare come “un sogno steso per lungo ad asciugare”. La coesistenza di una faccia culturale che cerca di tenere vivi e alimentare sentimenti positivi di rispetto della dignità umana, accanto ad una faccia politica che nei fatti ignora tutto ciò e gli rema subdolamente contro, non può che scaturire tristezza. 

Open Arms, dopo la sentenza del Tribunale di Palermo, ha pubblicato due reel sul proprio profilo Instagram, mandando un messaggio semplice e chiaro agli uomini e alle donne di potere che contrastano il lavoro delle ong, da Marine Le Pen a Elon Musk, passando per lo stesso Salvini: “Noi siamo soccorritori, e se la tua vita fosse in pericolo salveremmo anche te”. Un messaggio che, a supporto delle parole di Cacciari, è pronipote delle formule evangeliche universali “ama il prossimo tuo come te stesso” e “porgi l’altra guancia”. Il vicepremier e tutta la destra, con la loro difesa dei confini, hanno ribadito invece il concetto anacronistico e disgregativo di Mare nostrum. Non possiamo parlare di una sentenza contro chi sfrutta i migranti, come invece afferma l’avvocato Bongiorno. Gli scafisti, terzo elemento incomodo tirato in ballo per alimentare la fiamma, proseguono i loro traffici. Salvini ha vinto la battaglia e al termine del processo ne è uscito rinforzato, anche con una leggera aura da vittima. I migranti che erano a bordo e i loro soccorritori, invece, hanno perso. E con loro anche i migranti e i soccorritori di ieri, oggi e domani.

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