Di tutte le promesse mancate di Meloni e Salvini, il Decreto Sicurezza forse è l’unica mantenuta. Volevano la repressione, la limitazione delle libertà minime, fondamentali, garantite dei cittadini in nome di una non meglio definita protezione dei cittadini, messi a riparo, ma da cosa? Dalle pubbliche manifestazioni che potrebbero voler fare? Dalla diffusione delle notizie, alle terapie farmacologiche regolarmente prescritte dai medici, a certi comportamenti alla guida, per lo più già sanzionati e per altri che non hanno riscontro? Missione compiuta ma non proprio.
Il provvedimento legislativo, DL Sicurezza è stato varato dal Governo, nella seduta del Consiglio dei Ministri del 4 aprile 2025. Il suo testo rimane segreto per diversi giorni prima di essere reso noto ai colleghi parlamentari. È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale e quindi è in vigore dal 12 aprile 2025.
Tutto nasce dalla volontà di Salvini di riuscire a mettere a segno almeno una cosa concreta in questo mandato e forse la più efficace secondo alcuni e la più spaventosa, secondo altri,
A novembre del 2023 il Governo approva un disegno di legge, con lo stesso titolo del decreto legge Sicurezza. Il 22 gennaio 2024 il pacchetto sicurezza viene presentato alla Camera dei deputati. L’esame della Commissione inizia a febbraio 2024 e si conclude ad agosto 2024.
Il 18 settembre la Camera dei Deputati approva il disegno di legge, che passa al Senato che respinge tutti gli emendamenti delle opposizioni e a marzo 2025 rimanda il Dl alla Camera, per l’approvazione definitiva. Il testo approvato dalla Camera è praticamente identico a quello già votato in prima istanza. Il suo cammino sembra inarrestabile.
A questo punto sembra fatta per l’insidioso Dl ma quando il testo approda al Quirinale, dove viene vagliato dal Presidente Mattarella, questi boccia alcune parti del provvedimento e lo rimanda al mittente. Il Governo, dopo non trascurabili attriti, vorrebbe provare ad accogliere le obiezioni del Colle, ma tutto l’iter necessario tra Camera e Senato, avrebbe protratto il Dl all’approvazione definitiva, con un ritardo per loro intollerabile e probabilmente non funzionale per l’imminente Congresso della Lega, dove il suo autore Salvini avrebbe dovuto essere “consacrato”.
Il Governo quindi passa alle maniere forti e si realizza quello che è stato definito “colpo di mano”. Il Governo stralcia il Dl, disegno di legge e lo trasforma in un nuovo DL, Decreto legge, dai contenuti sostanzialmente identici al Dl stralciato, pur con l’accoglimento delle obiezioni della Presidenza della Repubblica, in modo tale da poter essere approvato e reso effettivo in tempi strettissimi. Questo escamotage però è inammissibile, poiché per poter applicare questa trasformazione da Dl in DL, occorrono le cosiddette e costituzionali evidenti ragioni di necessaria e straordinaria urgenza, che non sussistono nel caso di specie.
Ma cosa contiene di fatto questo contestatissimo DL quasi estorto al Parlamento, con un sotterfugio incostituzionale?
In buona sostanza il provvedimento, rispetto alla versione al vaglio delle Camere, è stato ridimensionato dopo il respingimento di diversi punti, da parte Capo dello Stato, poiché palesemente incostituzionali. Sono però rimaste intonse molte delle misure, orgoglio e baluardo del Governo, con la Lega in testa, tra cui il carcere fino a due anni per i blocchi stradali, il divieto di vendita e consumo di cannabis “light”, il nuovo reato contro le occupazioni abusive, l’aumento del tetto al rimborso delle spese legali per i membri delle forze dell’ordine, che devono affrontare processi, l’autorizzazione per gli agenti ai servizi segreti, ad entrare, fin anche a dirigere, organizzazioni terroristiche o mafiose, per motivi di indagine e di deviazione delle stesse.
Ma la gatta presciolosa, si sa fa i gattini ciechi e quindi fin dal suo ingresso nella vita attiva del Paese e nella sua attività legale e giuridica, ha sollevato crescenti problemi e contestazioni, sempre più “altolocate”.
La prima vittima è stato il nuovo Codice della strada, che ha fatto arrabbiare automobilisti, istruttori di scuola guida e tutori dell’ordine e ha aperto la strada al discorso dell’incostituzionalità, che ha già portato a molte contestazioni formali delle sanzioni applicate.
Contestazioni ci sono state poi da parte di molti avvocati, nel corso delle loro cause, tra cui i due avvocati di Milano, che nella difesa di un loro cliente, in fase processuale, hanno sollevato la questione di incostituzionalità del DL Sicurezza, chiedendo al Tribunale di Milano di rinviare alla Consulta il testo. È stato infatti contestano che al Decreto legge manchino le suddette ragioni di “necessaria e straordinaria urgenza” che dovrebbero contraddistinguere i DL e che rendono irricevibili le norme in esso contenute.
Anche i magistrati e le Procure hanno cominciato a contestare la legittimità del DL Sicurezza del Governo Meloni. Infatti la Procura di Foggia, un organo dello Stato, ha deciso di sollevare davanti al proprio Tribunale la questione di legittimità costituzionale, in riferimento alle norme aggravanti introdotte dal Decreto Sicurezza, circa i reati in prossimità di stazioni ferroviarie e per la resistenza a pubblici ufficiali, durante l’esercizio delle loro funzioni, che vengono considerate dai Pubblici Ministeri di Foggia, in contrasto con i principi fondamentali della Costituzione italiana, in particolare in merito agli articoli 3, 25, 27 e 77. I PM ritengono che tali norme non rispondano ai requisiti di ragionevolezza e di coerenza e inoltre anche loro contestano il metodo, poiché l’introduzione di tali aggravanti tramite decreto-legge sarebbe una forzatura, che ha compresso i tempi necessari per l’analisi e l’approvazione del testo da parte del Parlamento, svilendone il suo ruolo democratico, nonché la ricezione e la conoscenza delle norme del DL, da parte dei cittadini.
La protesta monta e giuristi da tutta Italia si sono mobilitati contro il DL Sicurezza, affermando che:”Si vuole governare con la paura” e dichiarandone l’illegittimità.
In una lettera aperta, 257 esperti di Diritto Pubblico, di tutte le Università italiane, compresi presidenti e vice-presidenti della Corte Costituzionale, hanno firmato un appello contro il Decreto Sicurezza, fiore all’occhiello del Governo e di Salvini, prima di tutti e sempre più vergogna nazionale e internazionale. Secondo questi massimi esperti il provvedimento presenta una serie di gravissimi profili di incostituzionalità.
In primis contestano proprio l’ennesima furbesca trasformazione di un disegno di legge, in un decreto legge, senza che vi fosse alcun reale presupposto di necessità e di urgenza, come previsto dalla Costituzione. Nella lettera aperta si sottolinea: “Ci sono momenti nei quali accadono forzature istituzionali di particolare gravità, di fronte alle quali non è più possibile tacere ed è anzi doveroso assumere insieme delle pubbliche posizioni. È questo il caso che si è verificato nei giorni scorsi quando il disegno di legge sulla sicurezza, che stava concludendo il suo iter, dopo lunghi mesi di acceso dibattito parlamentare, dati i discutibilissimi contenuti, è stato trasformato dal Governo in un ennesimo decreto-legge, senza che vi fosse alcuna straordinarietà, né alcun reale presupposto di necessità e di urgenza, come la Costituzione impone”.
Gli autori del severo testo che processa di fatto tutto l’operato del DL Sicurezza lo definiscono: “l’ultimo anello di un’ormai lunga catena di attacchi volti a comprimere i diritti e accentrare il potere”.
Specificano che esso contiene: “una serie di gravissimi profili di incostituzionalità, il primo dei quali consiste nel vero e proprio vulnus causato alla funzione legislativa delle Camere”.
La lettera denuncia inoltre: “un disegno estremamente pericoloso di repressione di quelle forme di dissenso che è fondamentale riconoscere in una società democratica”, che si realizza attraverso un irragionevole aumento qualitativo e quantitativo delle sanzioni penali.
Si fa riferimento ai principi costituzionali che “appaiono compromessi”. Si afferma che il daspo urbano che verrebbe disposto dal Questore, equipari condannati e denunciati e sia in contrasto con l’art. 13 della Costituzione e la tutela della libertà personale. È definita preoccupante la norma che autorizza la polizia a portare armi, anche diverse da quelle di ordinanza e anche fuori dal servizio. Sempre secondo i giuristi autori della lettera, alcune disposizioni del Decreto aggravano gli elementi di repressione penale per la responsabilità di singoli o gruppi per gli illeciti in occasione di manifestazioni pubbliche, disposizione assai vaga, che viola la tutela costituzionale alla libertà di riunione in luogo pubblico o aperto al pubblico.
La “rivolta” più recente è quella delle Regioni, compatte contro il Governo e il DL Sicurezza per la filiera della coltivazione della canapa naturale.
La Commissione Agricoltura della Conferenza delle Regioni, a fine aprile, ha approvato all’unanimità un ordine del giorno che chiede al Governo di apportare radicali modifiche, se non la totale soppressione delle norme del DL che proibiscono la coltivazione, trasformazione e vendita di infiorescenze della canapa light, quella per scopo terapeutico e altri utilizzi di comune utilità. Queste norme mettono in totale fuorigioco un intero settore produttivo, con circa 3000 aziende e 30.000 operatori, che coinvolge agricoltura, industria e commercio. E il danno sarebbe pesantissimo, poiché rappresenta un giro di affari di circa 2 miliardi di euro, che andrebbe in fumo.
Intanto anche le associazioni di settore annunciano ricorsi a livello nazionale ed europeo. Tuttavia, fino alla sospensione o all’annullamento del decreto, chiunque decidesse di proseguire l’attività compirebbe atti di disobbedienza civile, con rischi e conseguenze annessi.
Infine sul fronte politico, si sta già pensando ad un referendum abrogativo di questa norma irragionevole nelle motivazioni e controproducente per l’economia, l’impresa e il lavoro, proprio in un momento storico dove la crisi economica e occupazionale ha aumentato la sua pressione sui cittadini.
Si prevede un maggio molto caldo per il Governo e il suo DL Sicurezza, tra critiche e ammonimenti internazionali, denunce di avvocati, denunce delle Procure, mobilitazione di magistrati, giuristi e delle Regioni e delle associazioni di cittadini, per le quali non basteranno le norme, i divieti e le punizioni di questo discutibile provvedimento, per contenerle.