La magistratura è stata da sempre un tema molto discusso e polemizzato dall’opinione pubblica, specialmente la questione riguardante la durata dei processi che in molti casi è apparsa come estenuante. Il protocollo da seguire è sicuramente rigido e richiede dei tempi abbastanza dilatati proprio per la minuziosità con cui si analizzano molte prove e indizi, anche se nemmeno dopo la sua conclusione, un caso, è da dichiararsi definitivamente chiuso, con il rischio che dopo anni dalla decisione della Cassazione una nuova rivelazione è pronta per rimescolare le carte in tavola, scatenando così i famosi “errori” giudiziari.
Quello di Garlasco ne è una chiara testimonianza, di quei casi che si stanno “rispolverando”, poiché sono giunte ulteriori analisi che ribalterebbero le sorti della vicenda. L’anno passato già era successo con i famosi vicini di Erba, Rosa Bazzi e Olindo Romano, ai quali era stata attribuita una presunta innocenza, dal momento che erano emerse delle prove-audio che avrebbero potuto smantellare il muro di colpevolezza che li aveva circoscritti. Un’ipotesi questa troppo debole vista la mancanza di attendibilità e l’incapacità di ottenere una verità più logica della precedente, per questo venne sciolta nell’immediato. Il caso, invece di Chiara Poggi, la ragazza uccisa a Garlasco, racconta tutta un’altra storia, in cui la parola fine sembra starci scomoda. La giovane venne ritrovata senza vita il 13 agosto del 2007, in seguito a dei martellanti colpi ricevuti alla testa con un oggetto contundente. Gli inquirenti puntarono subito il dito su Alberto Stasi, all’epoca studente universitario nonché fidanzato della vittima. Ma la struttura del processo fu fin da subito traballante e ricca di contraddizioni faticose. In un susseguirsi di condanne ed assoluzioni, la Cassazione nel 2015 proclamò la colpevolezza di Stasi con la conseguente pena di 16 anni di reclusione.
Oggi però a quasi vent’anni dai fatti narrati un nuovo elemento è emerso a scombinare i piani: viene messa in discussione l’innocenza di Andrea Sempio, amico del fratello della ventiseienne. Il faro di luce sembra cambiare protagonista. Tutto è scaturito dall’analisi della prova di DNA trovata sotto le unghie della Poggi, di cui in passato ne era stata sottolineata l’importanza, ma, per via della strumentazione non ancora evoluta, era stata trascurata. Ovviamente Sempio dovrà sottoporsi in maniera coatta alla prova del DNA, che nel caso risultasse positiva molti bivi otterranno una svolta. Non bisogna però giungere a conclusioni affrettate, visto che ancora è presto per definire una linea guida. Ciò che invece viene dimostrato evidente è stata la carrellata di errori che si sono susseguiti proprio sulla scena del crimine, in cui l’inefficacia di alcuni tecnici avrebbe condotto a un inquinamento di prove, certamente involontario, dal quale molte informazioni sarebbero andate perdute. Il caso in questione è stato fin dall’origine complesso, ancora oggi il vero movente dell’omicidio risulta assente, anche per la mancanza di collaborazione e per l’ambiguità dello stesso Alberto Stasi.
In merito a queste nuove indiscrezioni la nota criminologa Roberta Bruzzone si è esposta ai microfoni del Messaggero, ammettendo che il materiale genetico ritrovato sotto le unghie di Chiara Poggi è sicuramente riconducibile ad Andrea Sempio, ma che allo stesso tempo si tratterebbe possibilmente solo di una mera contaminazione secondaria. Sarebbe dunque un elemento troppo debole per rovesciare una sentenza, perché se così fosse la giustizia avrebbe dei seri problemi. Tutto è troppo prematuro, ma la Procura sta lavorando affinché ogni nuova scoperta sia un pezzetto in più di puzzle. Pane per i denti degli appassionati di cronaca nera, un po’ meno per i giudici che hanno seguito il processo, che in caso di errore acclamato subirebbero un colpo bassissimo.
I familiari di Chiara Poggi si sono dichiarati piuttosto delusi dai comportamenti di Alberto Stasi, che pur avendo una sentenza in via definitiva, continua a tutti i costi a cercare “un nuovo colpevole da dare in pasto ai media”, poiché non è il primo tentativo di scagionarsi che compie. Senza tenere conto del dolore che la famiglia deve provare nel ripercorrere questa affannosa litania, dentro la quale l’omicidio sembra non vedere mai la luce. Tutto resta ancora in sospeso e per evitare confusione ulteriore si rimanda la questione al 9 aprile: data in cui avverrà l’incidente probatorio che fornirà dati rilevanti. Si spera che la magistratura faccia il suo corso e che la giustizia abbia sempre la meglio.