Tutte vogliono essere Barbie!

Con il pluripremiato film di Greta Gerwing, si è scatenato il fenomeno Barbie, e da semplice doll della Mattel, la Bambola diventa un’icona femminista.

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Ma perché Barbie è così irresistibile? Il live-action, uscito nelle sale poco più di un anno fa, oltre ad aver conquistato moltissimi premi, tra cui 1 Oscar e 2 Golden Globe, ha significato la rivincita di Barbie che attraverso la sua superficie rosa ci ha restituito tanto materiale da approfondire. 

La protagonista del film è Barbie stereotipo, ovvero la bambola tradizionale che tutti noi conosciamo: alta, magra, bionda e con i piedi a punta, ma non è sola, perché ad accompagnarla ci sono moltissime altre barbie, ognuna delle quali svolge lavori o hobbies differenti. La trama descritta dalla Gerwing è completamente surreale, poiché il potere è nelle mani delle donne, mentre la figura dell’uomo, rappresentato da Ken, è puramente accessoria. Il motivo di questa realtà capovolta è giustificato dal fatto che si vuole rappresentare il mondo delle bambine e i loro giochi, nei quali Barbie è il quadro e Ken la cornice.

La diversità è uno dei primi temi a cui la pellicola strizza l’occhio. Barbie, idealmente, è l’emblema della donna perfetta, disegnata da occhi maschili, ma questo vale per il mondo reale, perché in verità a Barbieland, la città in cui vive, c’è un’intera gamma di Barbie, l’una diversa dall’altra. Infatti ognuna di esse svolge professioni di ogni tipo, dall’astronauta alla cuoca, e la diversità è presente anche al livello fisico, con una sfilza di pettinature, colori, stature e abbigliamenti distinti. L’inclusione è sicuramente una delle bandiere del film e quella di genere non è da meno. Grazie alla collaborazione con l’attrice Laverne Cox, nota al pubblico per il suo ruolo nella serie Orange is the new Black, la famiglia di Barbie si allarga e nasce così la prima Barbie transgeder. Lo scopo, ovviamente, è quello di creare più Barbie possibili affinché ogni bambina possa sentirsi rappresentata e non esclusa. 

L’altro tema su cui puntare il dito è quello sull’eterna lotta tra i sessi. Nel film si delinea una dimensione inverosimile: in primo piano le donne che comandano e in secondo piano gli uomini che mettono in mostra i loro pettorali, senza necessariamente usare il cervello. Si parla di matriarcato, dove i Ken esistono solo se le Barbie li guardano. Con un’ironia irriverente, perché nel film si ride molto, si descrive tramite l’osservazione indiretta come la Barbie venga concepita nel mondo reale: una bambolina senza cervello, oggettificata sessualmente dall’uomo. Quando poi Barbie stereotipo, che è la protagonista, interpretata da un’arguta Margot Robbie, comincia a non sentirsi più così perfetta, perché spunta la cellulite sulle cosce e le punte dei piedi si appiattiscono, decide di lasciare la sua Barbieland per andare nel mondo reale, e lì scopre una realtà completamente estranea alla sua normalità. A questo punto Ken, che aveva accompagnato Barbie in questo viaggio per ritrovare se stessa, si rende conto che anche gli uomini, se vogliono, possono comandare e avere le donne ai loro piedi. Così, deciso a stravolgere le regole che fino a quel momento gli era stato imposto di seguire, fonda il Kendom, un regno tutto al maschile dove il patriarcato è la parola d’ordine. Ma come per Barbie, anche per Ken, questo mondo di soli uomini che comandano diventa un boomerang che li colpisce in pieno. Perché che vuol dire essere maschi? Si mettono in discussione tutte le convenzioni sociali di quella mascolinità considerata tossica, fatta di ostinato potere, durezza d’animo e rifiuto di tutto ciò che è considerato da femmine. Lo stesso era successo a Barbie nel suo matriarcato: nel momento in cui la perfezione fisica era venuta meno si era sentita smarrita e non più rappresentata. La genialità della Gerwing risiede proprio in questo: puntare sull’introspezione e l’accettazione di se stessi, creando un mondo utopico, in cui sia Barbie che Ken abbiano le stesse possibilità di successo o fallimento, senza che per ragioni di genere ci sia uno che prevalga sull’altro. 

Barbie, oltre ad essere stata foriera di tanti spunti di riflessione e oggetto di molte critiche, è tornata alla ribalta anche per la straordinaria opera di marketing studiata dall’intero entourage della Mattel. Infatti il film in poco meno di 20 giorni dall’uscita ha superato il miliardo al botteghino. C’è da dire anche che nell’ultimo anno qualsiasi cosa è stata barbiezzata: ogni sorta di capo di abbigliamento o accessorio ha avuto almeno una volta quella scritta rosa sopra. L’onda Barbie era inevitabile e l’impatto è stato glorioso. E adesso, a quando una Barbie gay?

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