La tv per fortuna, riesce ancora a regalarci qualche prodotto di alto livello, facendo cultura e intrattenimento.
“M figlio del secolo” è una produzione televisiva di Lorenzo Mieli, di qualità cinematografica, quella qualità che di contro, il cinema va perdendo. La mini-serie narra l’ascesa al potere di Benito Mussolini. È andata in onda, in prima assoluta su Sky tv, da inizio a fine gennaio ed è ora disponibile per la visione in streaming su Now. Il riscontro di pubblico è stato sorprendente. Gli autori e gli attori sono riusciti a trattare in modo accattivante un tema e un personaggio storico, nazionale, molto scomodi e anche sensibili, tanto più in questo momento politico, dove le destre europee stanno avendo un forte ritorno. E in Italia in particolare, abbiamo il governo a trazione più destrorsa, dalla caduta del fascismo. Eppure questo “M” è passato. Il taglio registico di Joe Wright, un po’ farsesco, con i colori e le luci quasi crepuscolari, ci cala subito in un’atmosfera tanto storica, quanto surreale. L’interprete principale e grande protagonista è Luca Marinelli, nei panni da lui molto lontani, del dispotico e psicopatico M, futuro duce. Ma l’originalità sta nel mostrare anche un giovane Mussolini, invidioso e rancoroso, alle prese con il suo lato più meschino, che nasce dal complesso per le sue umili origini. M smodatamente ambizioso, si deve confrontare ogni giorno con persone, secondo lui, molto più fortunate di lui per nascita, che spesso intralciano la sua strada. L’impostazione a tratti grottesca, della narrazione e della recitazione, è un tocco magistrale, che stempera al punto giusto, la pesantezza e il possibile imbarazzo del controverso argomento. L’idea del protagonista, che mentre agisce in scena, guarda in camera, con il primo piano insistito, sul volto penetrante di Marinelli/Mussolini, è azzeccata e di forte impatto. Il regista ripropone la trovata scenica del camera look, resa celebre da Laurel and Hardy, nelle loro Comiche. Marinelli/Mussolini, con gli occhi sgranati, si rivolge al pubblico, il SUO pubblico e mette le didascalie alla realtà, le SUE didascalie. Si fa beffe di tutti, ci rende partecipi del suo retropensiero, ci spiega e ci anticipa gli eventi, con fare sprezzante.
L’eccellente sceneggiatura è elaborata dall’omonimo libro di Antonio Scurati, che ha vinto il Premio Strega nel 2019. L’interpretazione di tutto il cast è efficace. Quasi scontata la menzione speciale per il protagonista, Luca Marinelli, un talento vero, un fuoriclasse del nostro cinema, una promessa mantenuta, che si riconferma. Il suo M è molto convincente e intenso, anche se trattiene un po’ la carica tracotante e arrogante, del Mussolini originale. Di contro lascia trapelare qualcosa che in Mussolini non c’era, l’empatia che invece è forte in Luca attore e che si insinua con successo nella maschera psicotica e intransigente del dittatore. La scena che colpisce di più è certamente quella del discorso alle truppe, pronte per la marcia su Roma, momento topico della narrazione, ma anche rivelazione della psicolabilità dell’uomo Mussolini, dietro la maschera del duce di ferro, oltre che del disprezzo di fondo di M per le masse. Ma Mussolini disprezza tutti, dai suoi collaboratori, al clero, come ben sottolinea la scena quasi mistica, in cui viene sollevato e scorre a braccia tese, sui suoi fanatici seguaci e poi nella rappresentazione, di ispirazione felliniana, dell’incontro con il Cardinale.
Però la scena più carica di drammaticità, è quella dell’ultimo discorso di Giacomo Matteotti alla Camera. Lì il grottesco lascia il passo alla verità storica e umana. Matteotti, nell’ispirata interpretazione di Gaetano Bruno, si lascia cadere sfinito, a sedere sul suo scranno, dopo il suo concitato intervento e non si rivolge agli spettatori oltre la camera, come il borioso M, ma ai suoi compagni. E con consapevolezza, pronuncia la frase da brivido: “Io il mio discorso l’ho fatto. Ora voi preparatemi l’orazione funebre”. Questa mini-serie non è solo un ottimo prodotto di successo, è anche un fenomeno che coinvolge il mondo della produzione e della distribuzione televisiva italiana e la censura più o meno occulta. Questo Mussolini prepotente e megalomane, quasi ridicolizzato, ma molto centrato, è stato recepito bene da pubblico e critica. Ma prima ancora ha incontrato il favore dello show business, tanto da trovare una produzione e una distribuzione internazionale forte, senza alcuna resistenza né ingerenza successiva. È vero che questa produzione è stata preceduta dal successo letterario del libro di Scurati, ma non sempre questo spiana la strada alla divulgazione su larga scala, delle storie che entrano nel merito politico e dei suoi controversi protagonisti. Infatti è stata preceduta anche da un episodio di censura collaterale, che è calata sul monologo che l’autore Scurati avrebbe dovuto tenere sulla Rai, per lo scorso 25 aprile di liberazione.
Scurati era stato invitato alla trasmissione “Che sarà” di Rai3 condotta dalla Bertone, dove avrebbe dovuto recitare il suo monologo sul fascismo, partendo dall’omicidio Matteotti, ad opera degli squadristi di Mussolini e arrivando alla continuità tra il fascismo di ieri e le destre europee di oggi. Quando tutto sembrava pronto, viene comunicato che il monologo era stato tagliato, non per censura ma per “motivi editoriali”. La cosa ha scatenato l’indignazione internazionale. Scurati ha trovato comunque altri spazi per tenere il suo monologo. Ma rimane il fatto che la tv di Stato non ha permesso che si tenesse un discorso critico nei confronti del fascismo e dell’attuale Governo. Eppure la “serie tv del secolo” sembra non aver risentito di questa censura e di questa suscettibilità ed è andata in onda senza intralci. Cosa non così scontata.
Ci sono infatti dei precedenti illustri, non altrettanto fortunati, come i due film di Paolo Sorrentino “Loro” e “Loro 2”, sulla vita di Silvio Berlusconi, potentee controversopersonaggio della politica e della cultura italiana recente, che ha occupato tanto la tv, quanto le aule dei tribunali. Nonostante il nome altisonante del regista, premio Oscar per “La grande bellezza” e dell’altrettanto blasonato interprete Toni Servillo, queste due pellicole sono state oscurate dalla visione televisiva e ancora lo sono. I due film uscirono nelle sale rispettivamente il 24 aprile e il 10 maggio del 2018, con un buon riscontro di pubblico, per un incasso complessivo di 6,5mln. Poi ne fu fatta una versione unica, che ambiva a concorrere ai Premi Oscar e che venne proiettata nei cinema italiani a settembre del 2018. I diritti d’antenna delle due pellicole furono prontamente acquisiti da Mediaset, attraverso la società Medusa Film, dopo l’uscita in sala del 2018. La Mediaset non li ha mai trasmessi, nessun altro network si è mai fatto avanti per acquisirne i diritti televisivi e oggi questi film si possono trovare sui mercati esteri, ma non su quello italiano. Paolo Sorrentino anche recentemente è tornato a parlare di censura subita dai suoi film su Berlusconi, scomparsi dopo la prima visione al cinema. Dichiarazioni in merito sono state rilasciate anche dall’attore protagonista Toni Servillo. I film vinsero comunque molti premi cinematografici nazionali: 5 Nastri d’Argento, 2 David di Donatello e 2 Filming Italy Best Movie Award. Eppure ancora oggi, il grande pubblico televisivo non ha accesso a queste due pellicole. Ma già nel 2008, il film “Il Divo” sulla vita di Giulio Andreotti, personaggio politico tanto potente quanto discutibile, sempre con Sorrentino alla regia e Servillo protagonista, aveva subito lo stesso oscuro destino. Il film, già presentato a Cannes, con successo strepitoso, uscì nelle sale italiane il 28 maggio del 2008 con buon successo di pubblico. Il senatore a vita Giulio Andreotti, all’epoca ancora in vita, vide la pellicola in una proiezione privata e ne rimase molto stizzito, lo definì “molto cattivo e una mascalzonata”.
Eppure il film vinse una valanga di premi, tra cui il Premio delle Giuria a Cannes, 7 David di Donatello, 3 Nastri d’Argento e un Golden Globe. Ma la pellicola non ebbe il cosiddetto diritto d’antenna, poiché nessuna grande emittente nazionale, né Rai né Mediaset, aveva voluto partecipare alla produzione per i diritti tv. In quell’occasione però, l’omertà fu rotta da La7, che ne acquisì i diritti e lo mise in onda per il grande pubblico. La prima visione tv su La7 ci fu ben tre anni dopo l’uscita del film, il 2 febbraio 2011, come grande evento mediatico. Un gesto coraggioso di allora, che per i film su Berlusconi non c’è stato.
Alla luce dei fatti, fa un certo effetto vedere che tra i produttori esecutivi di “M figlio del secolo” ci sia proprio Paolo Sorrentino. Forse per lui una piccola rivincita. A quanto pare la censura e le paure intorno alla politica e ai suoi protagonisti, per quanto negativi, seguono “strane” logiche. La Rai, tv di Stato, ossia di tutti, è la più restrittiva e Mediaset è il suo alter ego. Le altre Tv o tacciono o sono Pay tv. Ma ciò che emerge inquietante è che comunque vada, qualunque personaggio italiano, per quanto cattivo, può divenire tollerabilmente “toccabile”, mentre Silvio Berlusconi no! Nonostante tutti i suoi misfatti, il suo progressivo declino politico e la sua scomparsa, è e rimane un intoccabile, forse il più intoccabile dall’unità d’Italia.


