La Camorra è Donna!

La storia di una malavita tutta al femminile

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La mafia non si preoccupa di conferire potere ai “maschi”, bensì di eliminare l’umanità alle persone, uomini o donne che siano.

In un primo momento i concetti di donna e di mafia sembrano dissonanti, quasi a creare un ossimoro. La donna, stereotipata come “l’angelo del focolare” dall’animo buono e gentile, nel tempo è stata giustapposta all’inaudita violenza e alla spietata vendetta che sono le fondamenta su cui si innalza l’impero mafioso.  Due mondi questi che stentano ad essere legati, quasi come se fossero una forzatura. In realtà si scopre che nel mondo della criminalità organizzata le donne non sono circoscritte all’unico ruolo di madri, mogli/amanti e sorelle di criminali, anzi risultano essere delle vere e proprie cape, al pari dei loro uomini. Infatti esse vengono rispettate all’interno dei clan, proprio perché legate alla figura del boss.

Roberto Saviano, celebre giornalista e scrittore, sostiene che se le donne scomparissero dal radar mafioso, la mafia non avrebbe più motivo di esistere: il ruolo delle donne è centrale. Esse oltre ad assicurare la successione generazionale, hanno la capacità di mantenere i segreti dei clan e di imporre le regole all’interno. La loro presa di potere consiste nel fatto che, una volta che il boss esce di scena, l’impero passa sotto il loro comando. Contemporaneamente però, non sono sempre le protagoniste della storia, molte infatti si affacciano al mondo della criminalità prima come vittime, dal momento che, soprattutto nel passato, erano sottoposte ai matrimoni combinati. È evidente, però, che quella che nasce come una costrizione diviene poi una scelta. Sono loro stesse strumenti di potere. Questo processo non è sempre matematico, poiché esistono molte altre donne che decidono di sposarsi per amore, nonostante il mondo a cui appartenga il loro uomo, o ancora che ricercano il malavitoso per assicurarsi il futuro.

Nel mondo della Camorra questo fenomeno è frequentissimo. Uno degli esempi più emblematici è quello di Assunta Maresca, detta Pupetta, la quale nel 1955 si sposa con Pasquale Simonetti, un camorrista che gestisce il mercato ortofrutticolo del quartiere, detto Pascalone ‘e Nola. A pochi mesi dal matrimonio, il Simonetti viene ucciso. Pupetta, che all’epoca era incinta di otto mesi, si vendica dell’omicidio del marito, uccidendo a sangue freddo un certo Esposito, considerato il mandante dell’uccisione. Quando poi uscirà dal carcere 10 anni dopo, si legherà ad Umberto Ammaturo, con il quale negli anni ‘80 costruirà uno dei principali circoli di narcotraffico dell’epoca. 

Nell’elenco della criminalità partenopea, compare inoltre il nome di Teresa De Luca Bossa, detta Donna Teresa, la madre del noto boss del Lotto 0 di Ponticelli, Antonio De Luca Bossa, detto Tonino o’ sicc. Essa, nel momento in cui il figlio viene arrestato, eredita tutto il potere nelle sue mani e lo accoglie nella maniera più naturale possibile, divenendo una vera e propria “lady camorra”. Una figura sanguinaria, che ha dimostrato di possedere una spietatezza pari a quella che idealmente appartiene agli uomini. Donna Teresa è stata la prima donna detenuta al regime di  41 bis, con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso.

E’ intuibile che nel momento in cui le donne abbracciano le armi e assaggiano il potere, difficilmente riescono ad allontanarsene. E’ vero che il mondo mafioso è un’esaltazione della virilità e dei valori definiti “maschili”, ma la donna dimostra di esserne all’altezza. In particolar modo nel mondo della Camorra questo fenomeno è sempre stato più frequente, a differenza di Cosa Nostra e dell’Andrangheta, dove la prevalenza è maschile. Basti pensare che nei vicoli di Napoli, già a partire dal secondo dopoguerra, le donne praticavano il contrabbando di sigarette o la borsa nera. Eduardo De Filippo nella sua Napoli Milionaria ce ne fa un ritratto cristallino, descrivendo una donna con una personalità così forte da schiacciare il marito e in grado di costruirsi una fortuna tramite i suoi malaffari. Non a caso il termine Camorra ha molta similarità con Gomorra, che nell’immaginario collettivo è l’antica città palestinese, intrisa di corruzione e peccato dove la promiscuità conduce al fatto che non esistono vizi prettamente limitati al genere. Infatti Saviano ha intitolato il suo best-seller Gomorra.

Le donne mafiose legate al pentimento sono veramente poche, inoltre rientrano nella categoria dei “testimoni di giustizia”, che sono coloro che non hanno compiuto direttamente i crimini ma hanno agito da spettatori. Le donne di mafia, in particolar modo le camorriste, sono dunque donne emancipate, libere, moderne, ma pur sempre legate alla criminalità, non sono da considerarsi delle eroine, ma semplicemente come la testimonianza che la violenza non ha genere.

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